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Mercoledì 15 novembre alle 21.00

Durata: 98′

Regia: Aki Kaurismäki

Attori: Sherwan Haji, Sakari Kuosmanen, Ilkka Koivula, Janne Hyytiäinen

Genere: COMMEDIA

FINLANDIA

TRAMA

Khaled è un rifugiato siriano che, giunto a Helsinki dopo un viaggio clandestino a bordo di una nave da carico, chiede asilo senza grandi speranze di successo. Wikström è un rappresentante di camicie che decide di tentare la fortuna al tavolo da gioco e, avendo vinto, molla il suo lavoro per apre il ristorante La Pinta Dorata in un angolo remoto della città. I destini di questi due uomini si incrociano dopo che le autorità rifiutano la richiesta di asilo di Khaled. Quest’ultimo, infatti, decide di rimanere nel paese illegalmente, vivendo per strada, ed è in un cortile buio dietro al suo ristorante che Wikström lo incontra. Dopo avergli offerto un letto e un lavoro, Wikström e Khaled, insieme alla cameriera del locale, allo chef, al direttore di sala e a un cane vivranno una serena utopia e insieme, forse, riusciranno a trovare ciò che cercano.

ORSO D’ARGENTO PER LA MIGLIOR REGIA AL 67. FESTIVAL DI BERLINO (2017).

CRITICA

“(…) a proposito di risate già questo film ne offre una bella dose, pur non essendo una commedia. Piuttosto è una specie di tragedia continuamente trattenuta, dove i drammi sembrano sempre sul punto di esplodere ma finiscono sul più bello per aprirsi alla speranza. Proprio come nelle favole, di cui Kaurismäki è diventato il vero creatore cinematografico. (…) Ridotta (…) all’osso la trama sembra solo un canovaccio, ma è lì che il regista (che come sempre firma da solo anche la sceneggiatura) innesta le sue gag, le sue riflessioni e le sue speranze. Ai suoi fan regala un’apparizione di Kati Outinen, protagonista di tanti suoi capolavori. In partenza per Città del Messico (…), a tutti gli altri offre l’occasione di riflettere sulle condizioni degli immigrati, sulle violenze dei razzisti (ce ne sono anche nel film), sulla generosità dei poveri e degli emarginati con un cinema politico che rifugge da tutti i luoghi comuni del genere. Non c’è mai una predica nei film di Kaurismäki, una tirata moralista o il rischio del manicheismo. C’è solo uno sguardo sorprendentemente illuminante, capace di aiutare lo spettatore a vedere come le cose possono essere modificate con un sorriso, una risata un po’ malinconica o l’improvvisa irruzione di un colpo d’ala surreale. C’è la poesia di un autore che continua a possedere il segreto di una grazia contagiosa, quella di un cinema capace di raccontare la realtà senza abdicare ai sogni.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 15 febbraio 2017)

“L’ultimo erede di Charlie Chaplin, e probabilmente l’unico, è nato in Finlandia, si chiama Aki Kaurismäki e fa un film ogni 2-3 anni, ma ogni volta cattura un pezzetto del nostro presente in forma di fiaba comica, proprio come l’immenso Charlot, anche quando maneggia temi tragici. Al centro dell’applauditissimo ‘The Other Side of Hope’, altro titolo da premio, ci sono infatti due personaggi che si incrociano solo a metà film. (…) Kaurismäki è un campione assoluto di economia narrativa: luci, gesti, inquadrature, espressioni, tutto è sempre misuratissimo e insieme irresistibile (…). Sappiamo subito che questi due tipi strambi, il marito in fuga e il migrante arrivato col carbone, faranno un pezzo di strada insieme, anche se perché si incontrino dando vita a una di quelle piccole e utopiche comunità di marginali che sono la specialità di Aki (…) Khaled, sempre grazie alla strepitosa economia espressiva di Kaurismäki, tra una peripezia e l’altra ci ricorda con quanta dignità un uomo può evocare il destino tragico di migliaia e migliaia di altri profughi senza mai sfiorare il patetico o il ricattatorio. È qui che il grande regista finlandese è davvero a suo modo chapliniano. Il lungo dialogo in cui Khaled racconta cosa è successo alla sua famiglia ad Aleppo senza muovere un muscolo di troppo, non è solo una lezione di cine-morale. È un modo per rimettere ordine nel caos quotidiano che ci anestetizza. Restituendo un volto, uno sguardo, un senso a parole ormai logorate e astratte come Migranti, Guerra, Libertà. Proprio come faceva Chaplin, anche se Kaurismäki non racconta l’esplosiva nascita della modernità ma la sua lenta, tragica fine. Che ci restituisce con timing implacabile e insieme infallibile, ma senza mai perdere una segreta speranza.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 15 febbraio 2017)

“‘L’altro volto della speranza’ ci dice alcune cose molto serie, e la più seria di tutte è questa: sul dramma degli immigrati bisogna anche saper ridere! Ovviamente questa riflessione riguarda la sfera artistica, riguarda Kaurismäki come regista e noi tutti come spettatori. Il film è un miracolo (il precedente lavoro del finlandese si intitolava ‘Miracolo a Le Havre’): affronta in modo molto diretto un tema complesso e doloroso, racconta l’odissea burocratica del giovane siriano con la precisione di un documentario, sembra insomma un film di Ken Loach… e invece è un film di Kaurismäki quindi fa anche, spesso e volentieri, morir dal ridere. (…) Alcuni film aiutano a capire il mondo, L’altro volto della speranza è uno di questi film.” (Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 7 aprile 2017)

“Orso d’argento meritato per Kaurismäki che tratta argomenti attuali, come la reciproca solidarietà, con tono lieve, senza lezioncine morali. Da antologia la riconversione a sushi bar del fallimentare locale.” (Maurizio Acerbi, ‘Il Giornale, 13 aprile 2017)