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VENERDI’ 6 AGOSTO

Proiezione unica ore 21.30

Regia: Philippa Lowthorpe

Attori: Keira Knightley, Gugu Mbatha-Raw, Jessie Buckley, Keeley Hawes, Phyllis Logan

Genere: Commedia, Storico

Durata: 106 minuti

STILE CLASSICO E MOLTO BRITISH PER IL RACCONTO DI UN MOMENTO CHIAVE PER IL MOVIMENTO FEMMINISTA.
Recensione di Giancarlo Zappoli

Londra 1970. Ventesima edizione del concorso di Miss Mondo. Il Women’s Liberation Movement decide di boicottare la manifestazione nel corso della finale per opporsi al sistema patriarcale che vuole la donna come oggetto. Sally Alexander è una delle leader di un’azione che la porterà a scoprire anche altri aspetti dell’emancipazione femminile.

Philippa Lowthorpe, che ha fatto parte del gruppo di registi che hanno realizzato la serie The Crown, affronta, con uno stile molto classico e anche molto british, un avvenimento che segnò il percorso di un movimento di liberazione femminile che ancora oggi ha mete purtroppo non ancora conquistate.

Lo fa mettendo alla berlina il machismo reazionario ovviamente di un americano noto (Bob Hope) che fu l’ospite d’onore della serata finale e che venne sbeffeggiato dalle femministe. Ma soprattutto porta sullo schermo una sceneggiatura scritta da Rebecca Frayn e Gaby Chiappe che propone un ampio repertorio di modi di essere di donna in quegli anni.

Se la Sally Alexander di Kiera Knightley non abbandona mai maglioni a gilet e capelli lisci la Jo Robinson di Jessie Buckley è quanto di più arrembante si possa immaginare. Se la prima vuole modificare il sistema dall’interno la seconda è convinta che il sistema ‘si abbatte e non si cambia’. Ma non sono solo loro ad essere poste in rilievo con i loro misbehaviours (i comportamenti scorretti del titolo originale). C’è la madre della prima, timorosa ma al contempo non dimentica delle sue ribellioni giovanili, c’è la moglie di Bob Hope frustrata ma non completamente domata, c’è, soprattutto, la figura della vincitrice di quell’edizione, Jennifer Hosten di Grenada, che fu la prima regina di bellezza non di razza bianca. Per lei, anche se può sembrare assurdo, quella esibizione di curve rappresentò uno stadio di emancipazione.