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DA VENERDI’ 13 A LUNEDI’ 16 DICEMBRE

Venerdì: ore 21.00

Sabato: ore 20.00 e 22.30

Domenica: ore 16.30, 18.45 e 21.00

Lunedì: ore 21.00

Durata: 126′
Genere: DRAMMATICO, STORICO, THRILLER
Tratto da: romanzo “L’ ufficiale e la spia” di Robert Harris (ed. Mondadori)

Regia: Roman Polanski
Attori: Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner, Grégory Gadebois, Hervé Pierre della Comédie Française (Hervé Pierre), Didier Sandre della Comédie Française (Didier Sandre)

TRAMA:

Gennaio del 1895, pochi mesi prima che i fratelli Lumière diano vita a quello che convenzionalmente chiamiamo Cinema, nel cortile dell’École Militaire di Parigi, Georges Picquart, un ufficiale dell’esercito francese, presenzia alla pubblica condanna e all’umiliante degradazione inflitta ad Alfred Dreyfus, un capitano ebreo, accusato di essere stato un informatore dei nemici tedeschi.
Al disonore segue l’esilio e la sentenza condanna il traditore ad essere confinato sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese. Un atollo sperduto dove Dreyfus lenisce angoscia e solitudine scrivendo delle lettere accorate alla moglie lontana.
Il caso sembra archiviato.
Picquart guadagna la promozione a capo della Sezione di statistica, la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus. Ed è allora che si accorge che il passaggio di informazioni al nemico non si è ancora arrestato.
E se Dreyfus fosse stato condannato ingiustamente?
E se fosse la vittima di un piano ordito proprio da alcuni militari del controspionaggio?
Questi interrogativi affollano la mente di Picquart, ormai determinato a scoprire la verità anche a costo di diventare un bersaglio o una figura scomoda per i suoi stessi superiori.
L’ufficiale e la spia, adesso uniti e pronti ad ogni sacrificio pur di difendere il proprio onore.

RECENSIONE
di Federico Pontiggia
Lungamente atteso, problematizzato a latere al Lido (citofonare Lucrecia Martel), J’accuse arriva e ricorda che Roman Polanski di cinema è maestro. Non discutibile. Tornando sul caso, poggiandosi ancora sullo scrittore Robert Harris (già per L’uomo nell’ombra, qui prendendo da L’ufficiale e la spia), cura quadro, composizione, visi e atmosfera, e cesella un monito su quella e questa Francia, Europa, mondo: l’antisemitismo, certo, la friabilità della giustizia e la perniciosità del sistema, ovvio, ma anche la pena personale e la responsabilità individuale. Il suo approccio, rispetto al caso Dreyfus, è thriller: un altro uomo nell’ombra, almeno nel riconoscimento diffuso della Storia (parliamo di Piquart, più che Dreyfus), e altre trame da sventare, passo dopo passo, udienza e cella dopo l’altra, con estrema dedizione per la verità dei fatti, la verità storica.

Del capitano di origine ebraica Alfred Dreyfus – incarnato da Louis Garrel – accusato nel 1894 di aver passato informazioni militari ai tedeschi e condannato all’ergastolo sull’isola del Diavolo, Polanski decritta la menzogna sistemica architettata ai suoi danni: prove inesistenti e artefatte, antisemitismo montante; illumina la “cura”, giacché sull’affaire prese posizione, con il celeberrimo J’accuse, una lettera pubblica al presidente della Repubblica, lo scrittore Èmile Zola, ma sulla scorta di Harris segue la storia dalla prospettiva dell’ufficiale George Piquart (Jean Dujardin), che da neo-capo del controspionaggio indaga sul flusso di informazioni ai tedeschi. No, dopo l’arresto di Dreyfus non s’è arrestato.

Co-prodotto con la Francia dall’Italia, Luca Barbareschi e Rai Cinema, J’accuse elogia il (fare il proprio) dovere, mette alla berlina le alte cariche tronfie e fatue, i sottoposti correi e corrivi, divelle l’ingranaggio del potere, l’homo homini lupus istituzionalizzato, e apre alla residua speranza: tocca all’uomo, anzi, a un uomo conoscere perché non si possa più ignorare, scoprire perché non si possa più annichilire, affrancare perché non si possa più ingiustamente punire.

Dujardin ha calma, eleganza e probità, Garrel è perfetto, Polanski può contare anche sulla consorte Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric e Denis Podalydès, e il film grandemente ne beneficia: thriller per genere, commedia umana per guadagno, trattatello politico per analisi, grande cinema per immagini. Polanski non si dà arie, tranne che quelle di Alexandre Desplat, non si pavoneggia, solo ci fa vedere meglio: le focali lunghe della Storia, il nostro qui e ora. Chi dimentica è complice, anzi, carnefice.